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CHIESA PARROCCHIALE DELLA
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(Testo tratto dal libro "Le chiese dell'antica Pieve di san Giovanni Battista nella Valle del Biois - Documenti di storia e d'arte" di Loris Serafini e Flavio Vizzuti)

Fin dal 1871 gli abitanti della parrocchia di Falcade – fondata il 20 gennaio 1866 – desideravano costruire una nuova chiesa più ampia per contenere più comodamente i fedeli di un paese che aumentava demograficamente anno dopo anno (1). Nel giorno di Natale 1928 una lettera del vescovo Giosuè Cattarossi letta dal parroco in chiesa cominciò ad animare nuovamente il proposito: si trattava infatti di un’esortazione del prelato di Belluno a costruire una nuova chiesa più capace di quella di San Sebastiano sul Col de Frena, dove c’era allora un cimitero militare. Il coraggio di intraprendere una tale impresa lo ebbe il parroco don Augusto Bramezza, su suggerimento degli anziani del paese, che avevano già da tempo individuato il sito che il vescovo consigliava, come il luogo più comodo per i maggiori villaggi della parrocchia. Vicino alla chiesa sarebbe sorta pure la nuova canonica, le cui spese di costruzione sarebbero state in parte coperte dalla vendita della vecchia canonica parrocchiale di Falcade Alto alla mansioneria di San Sebastiano. Il permesso infatti era stato accordato dal vescovo il 4 novembre 1929; la compravendita fu effettuata il 24 gennaio 1934 e il parroco andò ad abitare in una casa privata di proprietà comunale messa a disposizione dal Municipio fino all’ultimazione della nuova canonica (2).
La costruzione della strada da Piefalcade a Falcade Alto durante la prima Guerra mondiale aveva certamente favorito l’opera, in quanto la nuova chiesa si sarebbe trovata contigua alla strada. Così don Augusto iniziò a consigliarsi con i suoi confratelli: udì il parere del suo predecessore mons. Antonio De Cassan e quello del suo superiore, il vicario foraneo di Canale don Filippo Carli e quello del prevosto di Montebelluna, mons. Furlan, che stava costruendo all’epoca una nuova chiesa nella sua parrocchia.
Si formò quindi un comitato presieduto da Sante Strim, la cui vice presidenza fu affidata al parroco, la cassa ad Augusto Cagnati e la segreteria al maestro Giovanni Murer. Componevano il gruppo di lavoro Anselmo Bulf, il maestro Emilio Cagnati, Andrea Ganz, Stefano Giaier, Giacomo Micheluzzi, Battista Piccolin, Antonio Serafini, Sebastiano Serafini, Serafino Serafini, Sisto Rossi, Raffaele Ganz, Antonio Fontanive, Sante Strim, Giovanni Scola, Sebastiano Scola, Giuseppe Scola, Arcangelo Murer, Sisto Secchi ed Eustacchio Costa. Tra i vari membri furono eletti i rappresentanti di ogni frazione della parrocchia, che dovevano raccogliere il denaro nel proprio villaggio. La prima questua fruttò circa cinquemila lire, un buon inizio, ma non certamente sufficiente per fare fronte all’ingente spesa.
La popolazione si mise dunque all’opera fin dall’autunno del 1929. C’era però un problema da ovviare. Nel luogo in cui sarebbe sorta la chiesa c’era un cimitero militare della Grande guerra e il colle su cui sorgeva doveva essere spianato dalla parte della strada. Così iniziarono le prestazioni volontarie – chiamate in ladino piodech – che raccolsero donne, giovani e ragazzi che facevano la gara a chi caricava più carriole di materiale. Fortunato Scola mise a disposizione la sua cava dalla quale gli uomini e i ragazzi più forti prelevarono i sassi necessari alla costruzione. Tra il 1930 e il 1932 furono raccolte 45 mila lire, frutto di pesche di beneficienza, donazioni e offerte, mentrvspace="10" hspace="10"e la sabbia per la calce veniva trasportata dalle donne e gli uomini ammassavano 900 metri cubi di sassi sul piazzale.
Nel frattempo il comitato aveva affidato il progetto della chiesa agli architetti padre Rodolfo Gennari e Achille Vettorazzo di Treviso. La bozza fu pubblicata per la prima volta nell’aprile 1931 sul bollettino parrocchiale (3). Il progetto faceva tremare i polsi: la chiesa infatti sarebbe stata lunga 42 metri, larga 20 e alta 17, con una superficie di 840 metri quadrati.
Nel luglio 1933 vennero riesumate le salme dei militari caduti nella guerra 1915-18, nonostante per esse fosse stata appositamente prevista una collocazione nella progettata cripta della chiesa. I resti dei soldati, raccolti in cassette di legno vennero invece trasportati a Pocol di Cortina d’Ampezzo il 28 novembre 1934 (4).
Nell’autunno 1933 vengono tagliate circa 250 piante offerte dalla popolazione e dal Comune e vengono condotte sul piazzale per costruire le armature e l’8 ottobre di quello stesso anno il vescovo Cattarossi benediceva la prima prima pietra, ponendovi nella cavità ogni esemplare delle monete dell’epoca con una scrittadettata da mons. Antonio De Cassan, parroco di Falcade dal 1907 al 1916: “Anno Domini MCMXXXIII/centenario redemptionis nostrae/ die VIIIª octobris/regnante Pontifice Pio XI/Episcopo Iosue Cattarossi/Victorio Emmanuel III Rege/Mussolini Duce/Municipii Rectore Sixto Rossi/Parocho Augusto Bramezza/primarius lapis/huius templi beatae Mariae Virgini/Immaculatae dicati/solemniter positus fuit/Achille Vettorazzo architecto/praefecto pro erigenda ecclesia/Sancto Strim” (5). Alla fine del 1933 le fondamenta della chiesa era state ultimate. I lavori ripresero nella primavera del 1934 e nell’ottobre dello stessoanno – grazie all’abilità dei capimastri Lorenzo Scola e Giacomo Micheluzzi e di molti operai e volontari– l’edificio era già a coperto. Furono acquistate le dodicicolonne monolitiche di marmo rosso di Asiago delle navate presso la ditta Donazzan di Pove di Bassano, poi le colonne dell’arco trionfale di marmo di Verona, poi quelle ai lati dell’altar maggiore – di marmo bianco di Pove – poi ancora le otto colonnine diLumachella del coro, per una spesa complessiva di 24.676 lire. Furono innalzate 57 arcate con 3000 conci.
Diversamente dal passato, il contratto d’appalto – scritto dagli architetti Gennari e Vettorazzo – predeva la completa assicurazione di tutti gli operai, sistema istituito dal Governo Mussolini (6).
Proprio quando l’opera stava per compiersi venne a mancare l’arciprete di Canale don Filippo Carli, che sostenne don Augusto nei momenti più difficili. Al suo postovenne chiamato proprio il parroco di Falcade, al quale succedette don Giovanni Uccel. Quest’ultimo, dopo aver sanato un debito di 40 mila lire, riuscì a comperare i mattoni necessari per le volte della chiesa e per edificare la canonica nuova. Scoppiata nel frattempo la guerra e morto don Uccel in un incidente, fu chiamato a coprire il suo posto don Igino Serafini, che portò a termine l’intera costruzione con le volte e l’intonacatura interna ed esterna. Nel 1945 don Igino riuscì a farsi regalare un buon lotto di piante nel parco di Paneveggio, aPredazzo. Con il ricavato organizzò la costruzione del campanile, della canonica, del pronao e del pavimento, per una spesa collettiva di circa sei milioni di lire, cifra che poi raccolse con delle questue effettuate nelle parrocchie del Rheintall in Svizzera. Fu così che durante il 1946 fu possibile completare le gradinate del coro e costruire l’altar maggiore usando diciotto qualità di marmi, portandolo all’altezza di sette metri. La direzione dei lavori era intanto stata assunta da Valentino Nart e da Fortunato Piccolin. Nel cantiere lavoravano settanta operai assicurati e pagati per quanto le casse lo permettessero.
L’otto dicembre 1946 mons. Augusto Bramezza, divenuto vicario foraneo di Canale, benediceva con don Igino la nuova chiesa, dedicandola all’Immacolata e il 31 maggio 1947 il vescovo Girolamo Bortignon la consacrava e il giorno seguente trasportava la sede parrocchiale dall’antica chiesa di San Sebastiano alla nuova chiesa dell’Immacolata (7). Per l’occasione furono portate a termine dallo scultore Augusto Murer le quattordici stazioni della Via Crucis e la porta d’ingresso, mentre qualche anno più tardi lo scultore Dante Moro eseguì il crocifisso e il bassorilievo per l’ambone raffigurante Cristo sulla croce con san Giovanni e le pie donne (8).
Durante il 1948 venne portata a compimento la canonica e viene terminata la base del campanile (9). Il lavoro tuttavia si bloccò a causa di assestamenti dell’instabilità del suolo e soprattutto a causa della mancanza di denaro.
Vari lavori si susseguirono nella nuova chiesa. Tra il 1947 e il 1955 (10) fu pavimentato il presbiterio, vennero costruiti i banchi dalla ditta Cirillo, Dante e Lorenzo De Pellegrini (Dur), fu innalzato il battistero e la base del campanile, venne installato l’impianto di amplificazione – uno dei primi in tutto l’Agordino – e nel 1972 vennero eseguiti i quattro confessionali in larice dalla stessa falegnameria De Pellegrini. Nel 1976 fu commissionato allo specialista in vetrate d’arte Marcello De Franceschi il disegno di cinque nuove finestre per l’abside. Il progetto – che non risultò soddisfacente – non fu mai eseguito (11).
Verso il 1960 fu costruita – nella parte sud del sagrato – una grotta dedicata all’Immacolata, sullo stile di quella costruita a Todesch. Ispiratore della costruzione fu anche in questo caso il sacerdote don Fioretto Ronchi, mansionario di Falcade dal 1954 al 1960, anno della morte (12).
Tra il 1967 e il 1970 furono eseguiti i progetti per la costruzione di una Casa della Gioventù da erigersi tra la chiesa e la canonica che durante l’estate sarebbe stata adibita a Casa per ferie per i figli degli emigranti. L’edificio sarebbe costato circa trentacinque milioni di lire. Il parroco, don Igino Serafini, ottenne dalla Curia di Belluno il permesso di vendere la Casa del Popolo all’Amministrazione Comunale di Falcade, che voleva allargare la piazza di San Sebastiano abbattendo il vecchio edificio. L’indennizzo sarebbe servito come contributo alla realizzazione del nuovo centro. Il parroco scrisse così all’allora Primo Ministro Aldo Moro, ottenendo un contributo di cinquemila lire più la somma di duecentottantamila lire provenienti dal fondo delle lotterie nazionali. Dall’onorevole Leandro Fusaro ebbe poi un contributo di quattro milioni di lire. Il progetto non fu però mai realizzato e la Casa del Popolo di Falcade Alto rimane ancora oggi proprietà della parrocchia (13).
Nel 1968, cinquantesimo anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale, sorse un comitato presieduto da Antonio Serafini che proponeva lo smantellamento e la ricostruzione esatta della cappella militare dell’antico cimitero, posta troppo vicina alla nuova chiesa parrocchiale, qualche metro più distanziata dalla costruzione. L’opera fu eseguita in pochi mesi grazie al concorso della Brigata Cadore di Belluno e fu inaugurata il 6 agosto 1972 (14).
Dall’inizio degli anni Ottanta in poi la chiesa fu oggetto di vari interventi. Tra il 1982 e il 1983 fu completamente ricostruito il tetto, utilizzando una copertura di rame e venne tinteggiato l’esterno dell’edificio. Per l’esecuzione di questi lavori venne costituito un apposito comitato. Nel 1986 l’architetto Ugo Tolomeo progettava e la ditta Ernesto Da Rech eseguiva il nuovo atrio interno. Tra il 1989 e il 1990 venne costruita la recintazione del sagrato, furono messe in posa le inferriate alle finestre e venne tinteggiato l’interno della chiesa dalla ditta De Cian Albino di Sedico. Nello stesso periodo – grazie all’interessamento del parroco don Vincenzo Da Ronch – fu presentato il progetto di un organo a canne meccanico di Guido Pinchi di Perugia. Un primo strumento fu installato dietro l’altar maggiore. Ma vista la scarsa visibilità e resa, fu sostituito con un altro organo con tergale, costruito questa volta su una nuova cantoria progettata dall’ingegner Antonio Tiloca di Cornedo Vicentino e realizzata dai falegnami Giuseppe e Giorgio De Biasio di Sappade (15). Lo strumento – di 1164 canne a trasmissione meccanica con due manuali e organo tergale – fu acquistato grazie alle offerte dei parrocchiani, dei turisti e delle famiglie Rota-Magro e Fabbri (16).


Nel 1995 il parroco don Vincenzo Da Ronch chiese all’artista francescano padre Ugolino da Belluno di realizzare un modello per l’esecuzione di un grande mosaico destinato all’abside della chiesa, raffigurante la Beata Vergine Immacolata sopra cui si ergeva la figura del Cristo Risorto. Il frate accolse di buon grado l’idea e la presentò al Consiglio per gli Affari Economici della parrocchia. Il progetto prevedeva di occludere le finestre e il matroneo dell’asbside e di spostare l’altare maggiore nell’intercolumnio sinistro dell’abside.


Vista la radicalità dell’intervento, i pareri sfavorevoli tra i fedeli andarono aumentando, scoraggiando completamente l’iniziativa, che in seguito dovette essere completamente abbandonata. Del progetto rimane tuttavia ancora il modellino, visibile nella sala parrocchiale (17).

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(1) AVBL, Parrocchie, Falcade, busta 48B/1.

(2) APF, Beneficio parrocchiale, Vendita vecchia canonica parrocchiale alla mansioneria di San Sebastiano, 1929-1934, busta P….. La vecchia canonica parrocchiale diventò la canonica del mansionario a partire dal 1934 e fu venduta il 6 novembre 1987 dall’Istituto di Sostentamento del Clero di Belluno alla signora Clelia De Pellegrini.

(3) APF, Il focolare, bollettino parrocchiale, anno VII, n. 4, aprile 1931, p. 1.

(4) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, costruzione chiesa parrocchiale della Beata Vergine Immacolata, riesumazione e trasporto salme militari, lettera del 28 novembre 1934, busta P32/7.

(5) “La prima pietra di questo tempio, dedicato alla Beata Vergine Maria Immacolata, fu solennemente posta nell’anno del Signore 1933, centenario della nostra Redenzione, il giorno otto ottobre, essendo papa Pio XI, vescovo Giosuè Cattarossi, re Vittorio Emanuele III, duce Mussolini, sindaco Sisto Rossi, parroco Augusto Bramezza, architetto Achille Vettorazzo e Presidente del comitato di erezione Santo Strim”.

(6) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, costruzione chiesa parrocchiale della Beata Vergine Immacolata, contratto d’appalto, progetto 1933, busta P30/1; ibidem, Libri paga operai, 1933-1944, busta P30/5.

(7) De Cassan A., Bramezza A., Fol E., Fagherazzi G., Serafini I, La Parrocchia di Falcade nella solenne inaugurazione della nuova chiesa, Agordo, 1947, 17-55; Da Ronch V., Parrocchia di San Sebastiano – Falcade nel cinquantesimo della consacrazione della chiesa parrocchiale, Belluno, 1997.

(8) Da Ronch V., Parrocchia di San Sebastiano – Falcade nel cinquantesimo della consacrazione della chiesa parrocchiale, Belluno, 1997, 65.

(9) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, costruzione chiesa parrocchiale della Beata Vergine Immacolata, costruzione campanile, registro carico sassi, 1948, busta P29/4.

(10) Nel 1951 in seguito a un’inondazione si notarono dei problemi di stabilità nell’abside della chiesa, dove si erano aperte delle crepe. Furon pertanto eseguiti dei lavori di rafforzamento e si rinunciò definitivamente alla costruzione del campanile, la cui base aveva raggiunto quasi i due metri.

(11) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Immacolata, Vetrate dell’abside, 1976, busta P31/3.

(12) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, costruzione grotta dell’Immacolata, 1959-1978, busta P32/10.

(13) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, progetti costruzione Casa della Gioventù, 1967-1970, busta P32/1.

(14) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, smantellamento e ricostruzione cappella militare, 1967-1970, busta P32/4-9.

(15) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa parrocchiale della Beata Vergine Immacolata, lavori, 1979-1997, busta P31/4-13.

(16) Da Ronch V., Parrocchia di San Sebastiano – Falcade nel cinquantesimo della consacrazione della chiesa parrocchiale, Belluno, 1997, 65-66.

(17) APF, Gestione edifici, arredi e opere di culto, chiesa parrocchiale, lavori, 1979-1997, busta P31/4-13.

PARROCCHIA DI CAVIOLA

 

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